Dal 1983 a ROMA in Via di Monserrato 107 - Tel 066869197 - 0668974451
Hollywood tutto sul cinema
Home Recensioni Le Recensioni del Boss (Marco Castrichella) In un mondo migliore di Susanne Bier : In due minuti si passa dalla quasi certa morte di Elias alla resurrezione.

Accesso clienti

ISCRIVITI PER RICEVERE GLI AGGIORNAMENTI NOLEGGIO E LE NOVITA' E PROMOZIONI DEL NOSTRO NEGOZIO

Fotolia_14848176_XS

Schermata_11-2455885_alle_06.43.31


In un mondo migliore di Susanne Bier : In due minuti si passa dalla quasi certa morte di Elias alla resurrezione.

In_un_mondo_migliore_02-18336677

In un mondo migliore di Susanne Bier

 

Visto, in ritardo con Angus e Staian al Nuovo Sacher monteverdino (sempre grazie di esistere: casa Moretti è una delle migliori sale romane) il nuovo film della regista danese presentato al Festival di Roma, dove fra l’altro fino all’ultimo era stato considerato come maggior indiziato per la vittoria.

Il film è da subito riconoscibile e riconducibile alle precedenti opere di Susanne Bier: persone occidentali coinvolte in qualche maniera con il Terzo Mondo, con delle situazioni familiari e sentimentali in bilico nella apparente oasi di tranquillità nelle confortevoli eleganti abitazioni nordeuropee.

Stavolta parlerò della trama, primo perché il film non ha nulla di misterioso che lo spettatore non si possa aspettare, secondo perché è un racconto ridicolo.

Devo dire che la prima parte del film, quella di presentazione e descrizione del soggetto più che dei protagonisti è sufficientemente interessante: si parla della violenza o meglio della sopraffazione violenta e di come reagire a questa. I protagonisti passivi (sembrano sconfitti fin dalle prime scene) sono i grandi, gli adulti, protagonisti attivi due ragazzini che delusi dalle situazioni familiari (?!) montano una sorta di escalation di voglia di affermazione violenta che esploderà sicuramente, ne siamo certi.

E qui il film crolla: è tutto banalizzato, stereotipato con il ragazzino forte che insegna Elias suo nuovo amico-vittima la necessità di farsi rispettare, e lo fa con uno sguardo e un atteggiamento di stampo nazi-fascista. Il piccolo Christian arriva anche a picchiare e insultare il padre colpevole di avere tifato la morte della mamma solo per non vederla più soffrire da malata terminale, colpevole di aver parlato con la madre di Elias (immaginatevi cosa avrebbe fatto se il papà avesse avuto anche solo l’idea di rifarsi una compagna...)

Elias dalla sua parte ha due bravissimi genitori medici-impegnati-progressisti-non violenti che però attraversano un periodo di crisi coniugale e allora il ragazzo secondo il teorema-Bier può diventare subito appetibile per le strategie della violenza con le quali si diletta il micidiale amico.

Vabbè come se non bastasse appare una torre/silos dove i sue ragazzini si rifugiano e appena il papà premuroso di Elias fa notare che quel posto è pericoloso, parte uno sguardo fra me, Staian e Angus come a dirci: “Sta torre sarà decisiva!”

Il piccolo micidiale Christian prosegue il suo corso del piccolo terrorista home-made preparando bombe con fuochi d’artificio (!?!) ma Elias non ha il suo fegato e alla fine un cromosomo non-violento del padre (che nel frattempo in Africa aveva ceduto per 5 minuti alla tentazione...) lo frega e rimane mezzo stecchito nell’opera finale. In due minuti si passa dalla quasi certa morte di Elias (tanto è vero che Christian va a compiere il suo “dovere” di espiazione verso il silos) alla resurrezione: il referto della tac indica solo qualche piccola contusione. Naturalmente il papà di Elias, sempre dietro nostro suggerimento, viene invitato a vestirsi, sbrigarsi per accendere l’auto e recarsi a salvare Christian in bilico con il vento in faccia sull’orlo del silos.

Ce la farà! lo porterà all’ospedale dal figlio risorto e magicamente i due parleranno del giorno dopo a scuola senza neanche un mese di riformatorio per i due psicolabili piccoli criminali.

Stendiamo un velo sull’apparizione sporadica della polizia locale in tutto questo (il quiz incrociato del pestaggio iniziale ha del comico) sulle solitudini in riva ai pacifici laghi nordici.

Conclusione: la Famiglia è un istituzione nociva per molti versi ma soprattutto per certi registi.

Ripetere, mischiando le carte, i meccanismi del successo di film come “Dopo il matrimonio” o “Non desiderare la donna d’altri” non sempre riesce. Il grande maestro nato da quelle parti, Ingmar Bergman dopo una serie interminabile di capolavori sulla famiglia, sull’educazione, sulle istituzioni solo nel suo ultimo film elevò a protagonisti due ragazzini: si chiamavano Fanny e Alexander.

 

Marco Castrichella

 

Copyright © 2011-2017 - Hollywood di Marco Castrichella Partita Iva 00709960553
Tutti i diritti riservati - I marchi, loghi ed immagini sono dei rispettivi proprietari. - PRIVACY POLICY

Supporto tecnico Solucom Ltd