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Home Recensioni Le Recensioni del Boss (Marco Castrichella) ONLY GOD FORGIVES di Nicolas Winding Refn

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ONLY GOD FORGIVES di Nicolas Winding Refn

2Tanto tempo che non scrivo di film ma la visione ieri sera del nuovo Nicolas Winding Refn mi spinge a farlo seppure molto brevemente. La visione non ha fatto che confermare il mio giudizio sulla ‘cagnara organizzata’ di pseudo giornalisti/critici che affollano le proiezioni ai Festival, soprattutto quelli di Venezia e Cannes. La sensazione di questo gioco al massacro che ho percepito ieri al termine della visione di ‘Only God Forgives’ è la stessa che ebbi a suo tempo per l’altro regista danese, Lars Von Trier in occasione della presentazione del suo ‘Antichrist’. Ululati e fischi e poi derisione, battutine più o meno ironiche in conferenza stampa, come se i protagonisti si sentissero gli stessi giornalisti fra l’altro spettatori non paganti, ma pagati; gente che non sa nemmeno che cosa voglia dire porsi con attenzione di fronte all’opera di un autore. Cosa che non negherebbe assolutamente in un secondo momento una critica negativa della stessa.

Il nuovo film di Refn, nonostante i forzati paragoni con il precedente ‘Drive’, vuoi per il ripresentare lo stesso attore, vuoi per la spirale di violenza che scandisce le due storie, è cosa lontanissima dal suo precedente. Fin dall’inizio notiamo l’assordante assenza di quel romanticismo che pervade ‘Drive’, la donna di Julian, il protagonista Ryan Gosling, non è la dolce Carey Mulligan mamma di un tenero e innocente bambino che Drive decide di riparare a costo di seminare sangue e morte, ma bensì una sensualissima, esotica ragazza di un locale indonesiano che mette subito a nudo i problemi sessuali di Julian, incapace di avere rapporti completi. Le difficoltà di Julian sono chiaramente di stampo edipico ed è sufficiente l’entrata in scena della madre (una incredibilmente brava Kristin Scott Thomas) per capire quanto faticoso e violento sarà il percorso del protagonista per superare il complesso.

 

1In tutto questo, e non vorrei proseguire oltre nel narrare le vicende per non togliere nessuna sorpresa a coloro che non hanno ancora visto il film, lo stile del regista danese è curatissimo più che in ‘Drive’ ma assolutamente senza alcun compiacimento estetico. L’opposto del collega italiano del quale tanto si parla in questi giorni. Viviamo le scene di ‘Only God Forgives’ con musiche e suoni di fondo che ci portano quasi all’interno di un acquario, con quelle luci soffuse ma pesantissime (splendide le tonalità del rosso, del blu e del giallo, tanto belle da ricordare l’uso del colore nel primo Antonioni di ‘Deserto rosso’ ) e poi la sensazione di un clima umido come solo i locali e le strade di Bangkok possono suscitare tutto questo grazie alla magistrale e mai invadente fotografia di Larry Smith . Movimenti di macchina senza nessuna acrobazia e inutili capriole, tutto ‘under control’ anche la recitazione degli attori tenuta al minimo dei giri proprio per permettere allo spettatore di non distrarsi troppo ma rimanere ‘legato’ al dolore tutto interiore di Julian che comunque è disposto a combattere (‘You wanna fight?’) e per questo riusciamo a capire e condividere.

4Inevitabile durante la visione qualche pensiero a Lynch piuttosto che a Tarantino e ovviamente al cinema di Jodorowski, il regista cileno capostipite del cinema simbolista degli anni settanta, al quale non a caso Nicolas Refn dedica il film. Ecco magari consiglierei ai pennivendoli da festival privi di immaginazione e soprattutto di cultura cinematografica di rivedersi un film dal titolo ‘Sangue Santo’ forse qualche risata in meno se la sarebbero fatta. Ma chissà, forse non lo conoscono perché non è possibile ‘scaricarlo’…

Marco Castrichella

31/05/2013

 

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