JAGTEN di Thomas Vinterberg
Presentato al Festival di Cannes di maggio scorso è arrivato sui nostri schermi il nuovo film del regista danese Thomas Vinterberg che dopo lo splendido esordio con “Festen” non aveva più saputo trovare una giusta collocazione con i film seguenti.
Collocazione che riconquista invece di prepotenza con “Jagten” un film per niente facile da digerire come non lo fu “Festen” che rappresentò il folgorante avvento dei film scritti e girati con i principi di ‘Dogma 95’ movimento da lui fondato insieme a Lars Von Trier.
Dicevo che alla buon’ora “Jagten” arriva in Italia e ovviamente arriva con un titolo differente ovvero “Il sospetto” inventato di sana pianta. Titolo talmente banale da far pensare a un giallo e addirittura già usato per almeno altri tre famosissimi film.
Jagten che in danese significa invece ‘Caccia’. Senza articolo per rafforzarne il concetto assoluto . Vedendo il film, soprattutto il finale, capirete quanto significhi per l’autore questo titolo. Perché il sospetto non è il centro del film. Il regista non gioca e non vuole raccontare a proposito del sospetto che cresce negli abitanti del paese. Loro non hanno il sospetto che l’insegnante dell’asilo sia o meno un pedofilo. Basta la parola della direttrice per scatenare la caccia. Il fulcro del film è la caccia dei benpensanti a un concittadino a un amico che viene allontanato, picchiato, intimorito, molestato per una cosa che il regista ci dice fin dall’inizio che lui non ha commesso. E parallelamente assistiamo ad un’altra caccia, la caccia al cervo…
Il film di Vinterberg è un ‘j’accuse’ al sistema borghese, alla famiglia e ai suoi aspetti più rassicuranti. Dirò di più, il film è un attacco al mondo ‘innocente’ dei piccoli. E diventa di conseguenza una strenua difesa di chi nella famiglia non è riuscito a identificarsi come Lucas, il protagonista di “Jagten”, che ha fallito da marito tanto da vivere da solo, con un amore di cane come Fanny, e che non ha modo nemmeno di poter vedere tranquillamente il figlio Marcus frutto del proprio matrimonio sbagliato. Un elemento forte e vibrante del film è proprio il bellissimo rapporto che Lucas ricostruirà con Marcus: un rapporto vero, autentico senza gli orpelli borghesi del rapporto genitori-figli.
E poi in fondo e al di là di ogni aspetto moralistico rimane una cosa sola reale: Lucas è l’unica persona con cui i bambini riescono a giocare veramente, a divertirsi o addirittura a innamorarsene, a modo loro, come la piccola Klara. Ed è qui che si gioca l’attacco frontale che il regista Thomas Vinterberg scatena contro le istituzioni. Non vuole nemmeno vincerla la battaglia. La partita contro la cultura borghese radicata è persa in partenza.
Però una spallata ben assestata come questa può far vacillare i dogmi di questa società e delle sue ipocrisie.
Marco Castrichella (29/11/2012)
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