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IL CIGNO NERO di Darren Aronofsky

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Dopo le feroci critiche alla presentazione a Venezia 2010 (come spesso accade i critici festivalieri sono convinti di essere loro i protagonisti) arriva con inconcepibile ritardo in sala il nuovo lavoro di Darren Aronofsky, regista di punta di un Cinema americano ancora coraggioso e per niente omologato.

Il Cigno Nero è un melodramma ma del tutto particolare. Se la storia che va in scena è quella del lago dei cigni di Ciajkovskij quella che vive la prima ballerina è da “Scarpette rosse”. Niente Ophuls o Visconti nessuna ricercatezza estetica e scenica ma un melodramma tutto di pancia, di rumori, di violenza e sesso al limite dell’horror. Tutto questo girato con vorticosi movimenti di macchina e un lavoro finale di montaggio che mozza il fiato.

Siamo molto vicini all’altro capolavoro di Aronofsky, “The Wrestler” e non solo per la tecnica usata che è quella di seguire il protagonista con la cinepresa per vivere con lui gli affanni, la preparazione all’esibizione, le paure e i fallimenti. Come il Randy The Ram di “The Wrestler” anche Nina viene “inseguita” da Darren mentre prepara le proprie fasciature, le scarpette, o davanti allo specchio o a letto, entrambi incontro al loro destino che si chiama Sacrificio. Il Sacrificio che si deve compiere per essere liberati da un incantesimo, quello della vita, che non è un ring o un palco. E poi i segni sul corpo, atroci per entrambi: sono le ferite che si portano appresso per i tanti sbagli commessi. Per non avere avuto il tempo di amare o di essere amati chiusi entrambi in un mondo di specchi, una sorta di labirinto dove non c’è liberazione.

Colpiscono nel nuovo film di Aronofsky alcune scene (su tutte quella del Cigno Nero durante la prima o della discoteca) e comunque il film riesce a riempire gli occhi e il cuore.

Visto alla sala Farnese che merita un cenno per l’ottimo lavoro di ristrutturazione fatto, poltrone comodissime e uno schermo che per una sala non da circuito è un lusso. Continuassero a dare film anche di qualità e sicuramente il premio della presenza degli spettatori li ripagherà.

 

Marco Castrichella

 

 

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